Abbiamo avuto il piacere di intervistare Christian Pigozzo, un fotografo che trasforma il mondo in colore, luce e dettagli vibranti.
La sua fotografia è un dialogo silenzioso con la realtà, un modo per raccontare storie senza bisogno di parole. Dietro ogni scatto c’è una visione chiara, ispirata dall’arte, dai luoghi che lo circondano e dalle emozioni che lo attraversano. Ma c’è anche un viaggio interiore, fatto di consapevolezza e crescita, che lo ha portato a sviluppare una sensibilità unica nel suo lavoro.
Il suo rapporto con la fotografia non è solo estetico, ma profondamente emotivo. È un ponte tra il visibile e l’invisibile, tra il momento e l’eternità. Ogni immagine è una ricerca, un’osservazione attenta della bellezza nascosta nei dettagli, nelle espressioni fugaci, nei giochi di luce che spesso passano inosservati. I suoi colori vivaci e le composizioni dinamiche raccontano un mondo pieno di energia, ma anche di riflessione e profondità.
Christian ha voluto condividere con noi il suo percorso con la salute mentale, una parte della sua vita che lo ha profondamente segnato e, in un certo senso, formato.
“All’inizio, gli attacchi di panico erano spaventosi e mi facevano sentire completamente fuori controllo, come se il mio corpo e la mia mente fossero nemici. Era come se un’onda di paura mi travolgesse, e ogni volta sentivo di non riuscire a respirare, il cuore che batteva all’impazzata e una sensazione di morte imminente che mi paralizzava.
Ma proprio questi momenti difficili mi hanno insegnato a fermarmi, a fare un passo indietro e a comprendere che quella paura non era la realtà, era solo un sintomo, qualcosa che si poteva gestire. Questo mi ha dato una forza nuova: la consapevolezza che, nonostante tutto, avevo il potere di gestire la situazione. Ho imparato a respirare, a rallentare, a concentrarmi sul presente, e lentamente l’ansia ha smesso di dominarmi.
Quello che è venuto dopo è stato un processo di concretizzazione: ho capito che, se riuscivo a superare quei momenti di paura e ansia, potevo affrontare anche altre sfide nella vita con maggiore resilienza. Non era più questione di combattere contro l’ansia, ma di imparare a convivere con essa senza che determinasse la mia esistenza.
Inoltre, questa esperienza mi ha aiutato a sviluppare una profonda empatia verso gli altri. Quando vivi qualcosa di tanto intenso e difficile, inizi a comprendere meglio le lotte interiori degli altri, anche quando non sono visibili.
Le persone che soffrono di ansia o attacchi di panico spesso si sentono isolate, e io mi sono trovato a riconoscere quel dolore in altri. Questa consapevolezza mi ha spinto a voler essere più presente, a non giudicare, e a offrire supporto in modo genuino. Ho imparato che l’ascolto e la comprensione, senza fretta di dare soluzioni, possono fare una grande differenza.”
Parole profonde, che raccontano non solo una lotta, ma una crescita. Un percorso che, seppur difficile, ha lasciato in lui una consapevolezza nuova, rendendolo ancora più attento e sensibile verso il mondo che lo circonda. E forse è proprio questa sensibilità che lo porta a fotografare con uno sguardo così autentico, capace di cogliere l’essenza delle cose.
In questa intervista, Christian ci porta dentro il suo universo creativo, parlandoci di ispirazioni, processi e sogni. Un viaggio attraverso la fotografia, ma soprattutto attraverso il suo modo di vedere e vivere la realtà.
Cosa ti spinge a prendere la macchina fotografica in mano? È una necessità, una fuga o un modo per dialogare con il mondo?
Per me, la fotografia è principalmente un modo per dialogare con il mondo. È come un linguaggio che non ha bisogno di parole, un modo per esprimere emozioni e raccontare storie. A volte è anche una necessità, per catturare momenti che altrimenti svanirebbero, ma in generale è una forma di connessione profonda con ciò che mi circonda.
Il tuo stile è vivace, ricco di colori e dettagli che catturano immediatamente l'attenzione. Quali sono le ispirazioni principali dietro i tuoi scatti? Ci sono artisti, momenti o luoghi che hanno influenzato maggiormente la tua visione?
La mia ispirazione viene da molte fonti: la natura, la cultura visiva dei luoghi in cui vivo, ma anche l’arte classica e contemporanea. Sono sempre stato attratto da artisti come David Hockney per i suoi giochi di colori e forme, ma anche dalla fotografia di persone come Martin Parr, che riesce a raccontare storie con ironia e vivacità. Luoghi particolari, come le città mediterranee, mi hanno sempre influenzato con la loro luce e i colori caldi.
Guardando le tue fotografie, si percepisce una grande attenzione ai dettagli e una forte personalità. Come si sviluppa il tuo processo creativo? Parti da un'idea precisa o lasci che il momento ti guidi?
Il mio processo creativo è una combinazione di entrambe le cose. A volte parto da un’idea precisa, un concetto che voglio esplorare, ma molto spesso mi lascio sorprendere dall’istante, dalle situazioni che si presentano e dalla spontaneità. Mi piace catturare l’imprevedibilità del momento, lasciando che sia l’ambiente e le persone a guidarmi.
Nella tua visione del mondo, cos'è la bellezza? Dove la trovi e come la catturi?
La bellezza, per me, è ovunque. È nelle piccole cose, nei dettagli che spesso passano inosservati: una luce particolare, un’espressione fugace, una composizione spontanea. Cerco di catturarla nei momenti in cui le cose sembrano più vive e autentiche, e penso che la fotografia permetta di fermare questi istanti.
C'è uno scatto o un progetto che per te rappresenta un momento speciale o che senti descriva la tua personalità? Quale, e perché?
Un progetto che considero particolarmente significativo è una serie che ho fatto sulla vita quotidiana in alcune città che ho visitato. Mi piace fotografare la gente, catturare momenti ordinari che raccontano molto più di quanto si pensi. Un’immagine in particolare mi viene in mente: una persona che cammina sotto la pioggia con un ombrello colorato, mentre tutto intorno sembra grigio e monotono. Mi rappresenta perché credo nella bellezza nascosta nelle cose semplici e nel contrasto tra l’ordinario e l’extraordinario.
Ci sono rituali, pensieri o emozioni che senti necessari prima di scattare una foto?
Il mio processo è molto legato al mio stato d’animo e alla mia visione del mondo in quel momento. Non ho rituali precisi, ma ci sono momenti in cui mi preparo mentalmente, cercando di sintonizzarmi con ciò che mi circonda. Spesso mi concentro sul respiro, cerco di rimanere nel "qui e ora" per non perdere nessuna sfumatura dell’istante che voglio catturare.
C'è un luogo, una persona o un ricordo che per te è inesauribile fonte d'ispirazione?
Sì, sicuramente la mia infanzia. I ricordi legati alla mia famiglia, ai luoghi dove sono cresciuto, sono una fonte continua di ispirazione. E poi, le persone che incontro: ogni volto, ogni storia che ascolto mi arricchisce e mi stimola a cercare nuove prospettive nel mio lavoro.
Se potessi scattare una fotografia del tuo sogno più grande, cosa vedremmo?
Se dovessi fotografare il mio sogno più grande, vedremmo un mondo dove le persone riescono a connettersi davvero, al di là delle apparenze. Immagina una scena piena di persone che si guardano negli occhi, condividendo qualcosa di profondo, un momento di vera intimità e connessione.
C'è un momento della tua vita, una situazione o un incontro che ha cambiato e influenzato il tuo modo di fotografare?
Un incontro che ha avuto un grande impatto è stato con un vecchio fotografo che ho incontrato durante un viaggio. Mi ha parlato dell’importanza di "vedere" prima di scattare, di rallentare, di osservare con più attenzione. Da quel momento, ho cominciato a fotografare con un’altra consapevolezza, cercando di raccontare storie più profonde e complesse attraverso ogni immagine.
Se potessi descriverti con tre colori, quali sarebbero e perché?
Direi il blu, il giallo e il rosso. Il blu per la calma, la riflessione e la profondità, il giallo per l’energia, l’ottimismo e la luce, e il rosso per la passione, l’intensità e l’azione. Mi rispecchiano in un equilibrio tra serenità, vivacità e un certo fuoco interiore.
Ti ringraziamo nuovamente per averci dato questa possibilità, concludiamo con le tre domande consuete:
Ti definisci un artista? Che peso ha questa parola per te?
Mi definisco un artista, sì. Per me, essere un artista significa essere un osservatore del mondo, un interprete che cerca di trasmettere emozioni, storie e sensazioni attraverso la propria visione unica. La parola ha un peso, ma non deve essere un’etichetta che ci limita. Piuttosto, dovrebbe essere un invito a esplorare e a esprimersi senza paura.
Cosa avresti voluto che ti avessimo chiesto, che invece abbiamo omesso?
Mi sarebbe piaciuto parlare più della relazione tra fotografia e tecnologia, di come la tecnologia moderna (come le fotocamere digitali e i software di editing) influenzi il mio lavoro e come trovo un equilibrio tra l’aspetto tecnico e quello creativo.
Che PERSONA sei?
Sono una persona curiosa, riflessiva e, a volte, un po’ introversa. Amo scoprire cose nuove, esplorare e imparare. Mi piace osservare e ascoltare, e cerco sempre di essere autentico in tutto ciò che faccio, sia nella vita che nel mio lavoro.