Ciao Elion, ti ringraziamo vivamente per aver accettato di partecipare a questa intervista, senza dubbio la più complessa che abbiamo affrontato finora, 

Questa sarà sicuramente molto più lunga, narrativa ed esaustiva delle altre, 

Cominciamo HELIUS è il progetto di cui sei direttore creativo, lo studio di moda, nel cuore di Firenze. 

Decidete di trattare le vostre esperienze di vita e della società che vi circonda, raccontando storie e suscitando emozioni tramite la stoffa e le forme. 

Come ci raccontate, la nonna, è la vostra musa ispiratrice, colei che vi ha trasmesso l’amore per l’arte in tutte le sue forme. 

Leggendo questa introduzione, ci si può chiedere quale sia tra questi, l’argomento “difficile” da trattare, non troppo distante da quelli già trattati, ecco quanto segue. 

Helius, specialmente la loro trilogia, di cui vi parleremo a breve, è un progetto figlio di quell’Albania che l’Italia, e il resto del mondo, ha ignorato per mezzo secolo, l’Albania comunista, ad ispirazione stalinista di Enver Hoxha, una parentesi tragica e divisiva della storia albanese, 

Riteniamo che sia giusto approfondire il contesto storico poiché siamo stufi che storie così tragiche e pesanti rimangano celate per elogiare semplicemente l’abbigliamento, l’ultima release, l’ultima news, 

L’arte, quella vera, è un mezzo, mai il fine:

L’Albania sotto il regime comunista di Enver Hoxha era un mondo isolato e oppresso, un luogo dove la libertà di pensiero era bandita e ogni forma di individualità schiacciata sotto il peso del controllo assoluto. Un paese in cui la paura e il conformismo regnavano sovrani, dove il popolo viveva senza Dio, privato della sua spiritualità, in un vuoto esistenziale costruito dal mito del dittatore.

Il culto della personalità di Hoxha creava un’illusione di divinità, un leader onnipotente che dettava ogni aspetto della vita pubblica e privata. Ogni forma di dissenso era considerata un’offesa personale, una minaccia alla supremazia del regime. La propaganda si infiltrava nelle vite quotidiane, cercando di plasmare ogni gesto, ogni parola e persino i pensieri più intimi. La società era una prigione mentale, in cui il controllo era così totalizzante da erodere l’anima stessa delle persone.

In questo paesaggio desolato, il popolo viveva senza fede, privo di speranza e privato di ogni contatto con una dimensione spirituale. Le chiese e le moschee venivano chiuse o trasformate in magazzini o musei, la religione veniva demonizzata come un relitto del passato capitalista da estirpare. La cultura, l’arte e la letteratura dovevano essere conformi ai dettami del regime, mentre i pensatori e gli intellettuali venivano perseguitati, imprigionati o costretti all’esilio.

L’esodo rappresentava l’unico spiraglio di libertà possibile. Coloro che riuscivano a fuggire affrontavano viaggi disperati, spesso sottoposti a rischi mortali, sperando in un futuro migliore oltre i confini. Ma anche nel cuore dell’esilio, la nostalgia e il rimpianto per un paese sfigurato dalla repressione non abbandonavano mai. Il mito di Hoxha diventava sempre più fragile, smascherato da un’esistenza senza umanità, senza amore e senza dignità. 

Questo è ciò di cui tratta la trilogia: “IL DOLORE” - ”LA SPERANZA” - ”LA VISIONE” 

Ne “IL DOLORE” il buio è un’ombra che se accettata nasconde una luce intensa, che brilla come un sole (Elios, dal greco, Sole, da cui nome del fondatore e del brand). 

Questo sole brilla e inizia a splendere, culmine di un viaggio complesso e intricato.

Segue “LA SPERANZA”, un tributo alla ricerca della speranza nel buio, chiaro parallelismo alla storia del popolo albanese in pieno regime comunista. Qui ogni elemento, è un tacito pianto di speranza, inspira nella speranza di pace in tempo di conflitto. 

Poi il viaggio sulla via illuminata verso un futuro migliore 

Infine “LA VISIONE”, che attivamente tenta di informare sulla tragedia comunista albanese, dagli occhi di chi l’ha vissuta, con i suoi riferimenti contemporanei funge da ponte tra presente e passato. 

Come ci racconta Elion questa è la storia di una nazione, un racconto personale di cosa per lui il comunismo ha rappresentato, un invito per tutti noi a ricordare per non dimenticare, nella speranza di un futuro migliore. 

Finita la parte narrativa, iniziamo con l’intervista vera e propria:


Il nostro team, composto da me e dalla mia ragazza e spalla destra Yulia  è un piccolo team che segue un sogno, un sogno che ha le fondamenta nel amore per l’arte e per la creazione di capi che possano diventare un pezzo della nostra anima trasmesso attraverso i tessuti.

Io mi occupo di tutta la parte creativa e tecnica , partendo dalla modellistica di tutti i capi , fino alla direzione artistica di ogni collezione Yulia invece si occupa del brand a 360 gradi , partendo dal amministrazione di esso a i co design di molti capi presenti nelle collezioni . 


Mia nonna, la cosiddetta MUSA, mi avvicina al arte nel momento più buio della mia vita, e con essa è riuscita a far esprimere i miei demoni e me stesso attraverso i vestiti.

Ho sempre visto mia nonna creare vestiti per le sue figlie, mia madre e mia zia.

Ciò fin da bambino penso mi abbia influenzato nel subconscio, fino ai miei 17 anni quando ho deciso di toccare per la prima volta una macchina da cucire , e in quel momento dentro di me ho capito che attraverso essa avrei potuto esprimere tutto ciò che a parole non riuscivo a esprimere. 

Il suo amore per la sartoria e per la creazione mi ha fatto capire quanto bellezza e tecnica ci sia dietro un semplice capo di abbigliamento. 


Fin da subito ho e abbiamo capito che la moda per noi andava oltre il business e il prodotto.

Per noi la moda è il riflesso di noi stessi espresso attraverso vestiti, studiati per trasmettere la nostra storia, i nostri dolori più grandi e le nostre visioni. 


La storia della tua famiglia è anche la storia di un popolo, abbiamo delle domande in merito: 

Ho voluto parlare della storia del popolo albanese, in primis per parlare della storia di mia nonna, partendo dalla storia del suo più grande dolore, con la collezione il dolore, alla storia della speranza che provò insieme e a tutta la mia famiglia fuggendo da un paese oppresso da un comunismo dittatoriale, per finire con la visione, la visione che ebbe con la nascita dei suoi nipoti, tra cui me. Nuova vita, nuova generazione, nuova storia.

Ovviamente ho cercato di raccontare anche la storia di un popolo, e con la trilogia the beginning of HELIUS, penso che nel mio piccolo ho raccontato la storia del Albania, almeno dal mio punto di vista, e dal quale ho visto molto apprezzamento dei miei compaesani, e dalla mia famiglia in primis. Questo punto di vista che mi è stato inciso dalla mia famiglia, e che non l’ho vissuto in prima persona visto il mio essere nato in Italia. 

Ma tutto ciò è stato trasmesso attraverso racconti, traumi presenti nella famiglia e ovviamente dalle condizioni che ho e abbiamo avuto nei primi tempi in Italia, che non dico siano stati pietosi, ma semplicemente di una famiglia fuggito da un paese oppresso dal comunismo. 


Il buio è parte dominante e essenziale del mio essere, dentro di me cerco di mantenere un equilibrio fatto di luce e buio. 

La luce del sole brilla sempre, ed è essa a guidarmi giorno dopo giorno, facendomi vedere la bellezza della vita e ispirandomi brillando nel mondo che mi circonda. 

La luce della luna brilla nei momenti più bui, scavando dentro di me e tirando fuori parti di me nascoste e oppresse dal mio subconscio.


Ti ringraziamo nuovamente per averci dato questa possibilità, concludiamo con le tre domande consuete: 


La parola artista ha un peso che per me va oltre creare arte. 

Mi definisco un creativo, una persona che attraverso il mondo che lo circonda cerca di trarre ispirazione e rappresentare il tutto attraverso l’abbigliamento. 

La parola artista ha un peso molto più grande, anche se nel tempo sta perdendo valore. 

Un vero artista per me crea arte che ispira generazioni, guida le persone a conoscere se stessi nel profondo, e crea un qualcosa di così innovativo da essere riconosciuto solo negli anni a venire. 


Ogni domanda fatta ha avuto un filo conduttore, che è riuscito a estrapolare pezzi di me , raccontando chi sono e perché faccio quello che faccio. Non ci sono state domande non fatte. 


Mi ritengo una persona dall'animo buono, una persona molto empatica, empatia che mi ha fatto provare tanto dolore negli anni, ma grazie a quel dolore sono riuscito a conoscere ogni parte di me e trarne forza e crearne bellezza. 

Esisto in questo mondo per dare amore , e per far capire alle persone che non esistono solo i soldi e l’odio, ma che esistiamo per amarci e aiutarci. 

In poche parole mi ritengo una persona semplice, ricca d’animo e pieno di visioni, visioni che mi fanno vedere il mondo da un prospettiva diversa.