Abbiamo avuto il piacere di intervistare Emanuela Avino, una fotografa che attraverso i suoi scatti riesce a raccontare storie, catturando l’essenza di ciò che la circonda con una profondità rara. La sua fotografia non è mai solo immagine: è emozione, intuizione, dialogo. Ogni scatto nasce da un processo di ascolto, di connessione con l’atmosfera e con le persone, e il risultato è un racconto visivo che va oltre la semplice estetica.
La sua formazione nel mondo del design e della fotografia le ha permesso di sviluppare un occhio attento ai dettagli, ma è la sua sensibilità a rendere uniche le sue immagini. Napoli, la sua città, con la sua energia vibrante e la sua anima artistica, ha influenzato profondamente il suo sguardo, così come la musica, che per lei è un elemento essenziale del processo creativo.
Inoltre, Emanuela ha voluto condividere con noi un aspetto molto intimo del suo percorso: il legame profondo che ha con la fotografia, nato da un momento di scoperta quasi casuale ma che ha segnato per sempre la sua vita. Per lungo tempo ha faticato a trovare un modo per esprimersi davvero, e la fotografia è stata il mezzo che le ha permesso di esternare la sua personalità. Ogni lavoro per lei non è mai una semplice esecuzione tecnica, ma un’interpretazione emotiva, un racconto visivo. Si lascia trasportare dall’atmosfera, entrando in connessione con ciò che ha di fronte e trasformando questa energia in immagine.
Questa connessione con il suo lavoro la rende una fotografa autentica, capace di vedere e trasmettere ciò che spesso resta invisibile. La sua ricerca della bellezza non è solo estetica, ma profonda e intima. Per Emanuela, la fotografia è un’ancora, un rifugio, ma anche uno strumento potente per raccontare la realtà con uno sguardo personale e sincero.
In questa intervista ci racconta il suo percorso, il suo processo creativo e il modo in cui la fotografia è diventata parte di sé. Vi lasciamo all’intervista.
Le tue foto sembrano raccontare storie, quasi come se ogni scatto avesse una sua voce. Da cosa parti quando decidi cosa immortalare?
Ciao ragazzi, volevo in primis ringraziarvi per aver deciso di raccontarmi sul vostro magazine.
Di natura sono una persona molto emotiva, e per lungo tempo ho faticato a trovare un modo per esprimermi davvero. La fotografia è stata il mezzo che mi ha permesso, per la prima volta, di esternare la mia personalità. Quando mi viene proposto un lavoro, non lo vivo mai come una semplice esecuzione tecnica: per me è un'interpretazione emotiva, quasi un racconto visivo. Empatizzo profondamente con l'atmosfera che il progetto vuole trasmettere. Parto dal moodboard iniziale, seguendo la linea creativa proposta, ma poi mi lascio trasportare, diventando un tutt'uno con quello che quel capo o quella persona riescono a emanare. È in questo flusso che riesco a creare immagini
Essere di Napoli, una città così viva e vibrante, ha influenzato il tuo modo di vedere e raccontare il mondo attraverso la fotografia?
Penso proprio di sì, queste cose succedono involontariamente. Io poi provengo dalla periferia, una zona molto più tranquilla e non vi nego che a volte in un contesto monotono, spesso fatto di apparenze, diventa difficile creare in maniera spontanea e svincolata. Napoli però è fatta di arte, ci sono artisti ovunque, ne ho conosciuti molti, non solo fotografi e, per me, sentire la loro vivacità, così come la cura e la gentilezza che la città infonde, rendono Napoli un “vizio”. Vivere in periferia, intanto, mi permette di scegliere quando caricare la mente di creatività, evitando quel sovraccarico di stimoli che, da persona empatica, rischierebbe di banalizzare il mio modo di esprimermi.
3.Hai studiato design e fotografia: c’è un momento preciso in cui hai capito che questa sarebbe stata la tua strada?
Devo ringraziare una persona che non fa più parte della mia vita, ma che un giorno, per caso, mi ha messo in mano una macchina fotografica. Mi aveva sempre incuriosito, ma non mi ero mai avvicinata davvero. Da quel momento ho iniziato a scattare continuamente, non mi vedevo in nessun altro modo. Ero al liceo e, mentre tutti avevano già un'idea chiara dell'università, io ero in stallo. Non mi ero ancora resa conto che la fotografia potesse diventare qualcosa di concreto. Probabilmente ho scelto di frequentare l'Accademia proprio per metabolizzarlo: è un lavoro, non solo una passione, e non è affatto semplice come si pensa. Questo però non significa che serva per forza un percorso accademico: corsi tecnici e aggiornamenti sonoutili, ma ognuno sceglie il cammino che sente più adatto.
Qual è la parte più intima del tuo processo creativo, quella che senti davvero “tua” e che vorresti trasmettere a chi guarda le tue foto?
Vorrei che le persone imparassero davvero a empatizzare e a vedere. La parte più intima del mio processo creativo si divide in due fasi: la prima è la musica. Per me ha lo stesso potere della fotografia,mi aiuta a elaborare e trasformare le emozioni in qualcosa di creativo. È un processo profondamente personale, che vivo da sola, infatti la mia playlist conta infiniti generi musicali (anche ora ho obbligatoriamente musica di sottofondo). La seconda fase è il rapporto con il team. Ho bisogno di caricarmi delle loro energie ed emozioni: non c’è intimità più forte. Quando le persone sul set si sentono a loro agio, le definisco “nude”, libere dalle maschere quotidiane. La vita è già carica di negatività; fare un lavoro creativo è una benedizione che non tutti comprendono. Tutto questo si traduce nei tecnicismi — luci, prospettive e soprattutto sguardi. Creare un rapporto autentico ti permette di modificare lo sguardo dei modelli e creare qualcosa di unico. Per questo, una bella foto è anche merito di un buon modello. Di recente ho presentato una mostra fotografica su un tema complesso. Alcuni hanno attraversato la sala velocemente, altri se ne sono andati straziati e carichi di emozioni da metabolizzare. Vederlo mi ha riempito gli occhi di lacrime. Sul quaderno che avevo lasciato per i pensieri dei visitatori qualcuno ha scritto:"L’arte è una delle poche belle cose che ci è rimasta. Grazie per vederla e condividerla con noi attraverso i tuoi occhi."È questo ciò che voglio lasciare alle persone.
Se dovessi scegliere un’immagine che rappresenta Emanuela, quale sarebbe e perché?
Difficile, lascio una parte di me in ogni lavoro.Sceglierei, però, due foto.
La fotografia di moda è la tipologia che sento più mia. Mi ha sempre offerto la possibilità di essere minuziosa, curando ogni dettaglio, ma al tempo stesso di sperimentare e personalizzare, mantenendo chiarigli obiettivi creativi. Per me, rappresenta molto più di uno stile fotografico: è una costante ricerca del bello estetico, una forma espressiva in cui questa ricerca raggiunge, a mio parere, la sua massima espressione. È una dimensione che sento necessaria, quasi terapeutica. Attraverso la fotografia di moda, riesco a "pulirmi" dalle complessità quotidiane, trovando un porto sicuro in cui ordine e bellezza si incontrano in perfetta armonia.
La fotografia ritrattistica rappresenta il mio lato più emotivo. È un modo per liberare l'empatia che si crea con le persone che fotografo, permettendo loro di sentirsi libere di esprimersi. In quei momenti, lamacchina fotografica smette di essere un semplice strumento tecnico: diventa un mezzo traduttivo, capace di catturare la trasparenza e l'essenza autentica di chi ho di fronte.
Ti ringraziamo nuovamente per averci dato questa possibilità, concludiamo con le tre domande consuete:
Ti definisci un artista? Che peso ha questa parola per te?
Ho iniziato a scattare per riuscire ad esprimermi, per sentirmi con i piedi per terra, reale e tangibile in un mondo che fa di tutto per farti sentire invisibile. La fotografia è vista come arte dalla fine del XIX secolo in parte grazie al pittorialismo, quando la fotografia iniziò a non essere più considerata soltanto un mezzo di documentazione, ma di visione anche personale. L’arte, quindi, è personalizzare un punto di vista tramite un mezzo, filtrare sé stessi tramite esso. Mi definisco artista nel momento in cui creo un mio progetto o ilcliente si affida completamente alla mia visione.
Cosa avresti voluto che ti avessimo chiesto, che invece abbiamo omesso?
Penso di non avere il dono della sintesi, parlerei per ore di quest’argomento. Avete semplicemente fatto le domande giuste, complimenti e grazie infinite ancora.
Che persona sei?
Se dovessi descrivermi, direi che sono anche una persona ambiziosa e molto determinata. Questa determinazione a volte si traduce in testardaggine: ammetto che il mio carattere possa risultare complicato da gestire, ma credo che sia una questione di comprensione. Un altro aspetto importante di me è la pazienza. Sono estremamente paziente con gli altri, ma stranamente non riesco ad applicare la stessa tolleranza verso me stessa. Ho aspettative molto alte nei miei confronti, e questo a volte mi porta a sentirmi sopraffatta dal peso dei miei stessi standard. Inoltre, sono una persona che mette gli altri al centro. Faccio sempre del mio meglio per essere presente per chi amo, sia con gesti concreti che con piccole attenzioni quotidiane. Credo che il modo in cui ci prendiamo cura delle persone che ci stanno accanto sia uno specchio del nostro essere. Mi avete dato la possibilità di parlare di quello che per me è la fotografia, la mia fotografia sono io sottoun’altra forma. Penso di aver risposto ampiamente a questa domanda. Io sono emozioni, la mia vita si muove tramite loro. Innamoratevi di voi stessi, imparate a conoscervi ed esprimetevi in qualsiasi modo l’arte vi consenta di fare, io ho trovato la mia felicità in questo