Siamo venuti a conoscenza di Filippo in circostanze un po' ambigue, 

Scavando un po' nel suo profilo abbiamo scoperto però un'analisi molto interessate su vari aspetti odierni, che riguardano tutti noi, secondo il fondatore viviamo in una società dominata dai marchi, dove ogni oggetto, e persino il corpo umano, è diventato un supporto pubblicitario. Questa ossessione ha portato a un appiattimento culturale, dove il valore simbolico e la storia dei prodotti sono stati sopraffatti dall’estetica dei loghi. NOTKNOWN, invece, si pone come alternativa: non un semplice brand, ma un movimento che unisce arte, moda e design per trasmettere messaggi profondi.

Il nome stesso, NOTKNOWN, rappresenta il rifiuto di essere identificati da un’etichetta. Le creazioni non vogliono essere riconosciute per il brand, ma per il messaggio e l’artisticità che veicolano. I capi diventano tele e i loro disegni, veri e propri dipinti. L’obiettivo è permettere a chi indossa un capo o acquista un’opera di comunicare la propria visione del mondo, superando la superficialità dei loghi.


Siamo quindi entusiasti di condividere con voi le interessanti riflessioni fatte con Filippo:


Per darti ragione, basta fare una passeggiata nella metro di Milano, specialmente nelle fermate centrali, per capire di cosa stai parlando: il senso di essere violati, senza un luogo libero dove posare gli occhi. Leggendo, si scopre di questa tua doppia carriera: da una parte NOTKNOWN, dall’altra ingegnere aerospaziale. 


Apprezzo molto la tua interpretazione del MANIFESTO, dopo averne accostato le modalità al monologo di “La Haine” ho subito capito che quello che volevo trasmettere era arrivato. Questo scambio di informazioni e di sensazioni stimola e muove la mia vita. 

Voglio prima definire quello che per me è il motore di un sistema così complesso, la Persona. Ho coniato questo termine per esprimere qualcosa di ancora non esprimibile. “puntualità” : E’ la più autentica e pura espressione di un essere umano. 

Ogni persona è la somma di miliardi di elementi: 

Fisici (atomi, cellule e sistemi complessi sempre più grandi), somatici (tratti identificativi), caratteriali (ogni persona è definita da un carattere specifico tale da filtrare la realtà in modo singolare), gestuali (ognuno di noi è caratterizzato da un modo unico di muoversi, si pensi a come camminiamo, alle espressioni facciali che ci caratterizzano, fino a piccoli movimenti come ruotare gli occhi o impugnare una penna), vocali (ognuno ha una voce unica ed è associato a specifici suoni, è possibile riconoscere una persona dal rumore dei suoi passi, dal rumore di un colpo di tosse o ancora da una risata), emozionali (sensazioni che sono intime e insite in ogni Persona, tutti ne facciamo esperienza ma ognuno in modo diverso), spirituali (la spiritualità fa parte dell’essere umano, c’è chi riesce a comunicare di più con questa parte di sé e chi meno, tuttavia ognuno di noi è condizionato da essa, così incomprensibile e sfuggente, ricordo che va ben oltre il credere o non credere in qualcosa, la sola “scelta” è simbolo di una primaria interrogazione, l’interrogarsi è la chiave di accesso e questa azione è comune a Tutti gli esseri umani), sociali (come ci adattiamo alle interazioni con altre Persone, ognuno nel suo modo unico di posizionarsi in una rete di esseri pensanti), sensoriali (5 sensi per ciascuno eppure, seppur con piccolissime differenze, questi sono diversi da Persona a Persona), logiche... Potrei andare avanti ma mi fermo, mi serve solo per aumentare la consapevolezza di questa idea. 

Bene, ora se prendessimo tutto questo e lo condensassimo in un punto infinitamente piccolo otterremo la “puntualità”. Noi siamo lì dentro, il Tutto di noi risiede in quel punto. L’obbiettivo adesso è fare entrare in contatto due “puntualità” senza che queste si siano mai avvicinate nel mondo fisico. Il concetto è molto simile a quello teorizzato nel principio dell’ “entanglement quantistico”. Due particelle entangled sono tali per cui modificando lo stato di una particella questo influenzerà l’altra istantaneamente sebbene queste si trovino a distanze smisurate. L’ARTe per me è quindi quel “qualcosa” che possa permettere questo passaggio di informazioni tra “puntualità” non vicine nel mondo fisico. Un quadro, un libro, una canzone, un edificio ma anche un piatto di pasta o uno sgabello di legno. Tutto Parla. 


Dopo aver gettato le basi del mio pensiero è molto diretta e marcata la differenza tra un brand “Logo” e quello che sto cercando di fare io, come molti altri. Il logo-brand non prevede un passaggio di “puntualità”, occupa spazio senza creare movimento, è stagno e privo di vitalità. Potremmo vederlo simile al junk food, superficiale, artificiale, poco sano e il più distante possibile dal connettere questi “punti”. Quando cammini per Milano e i tuoi occhi cadono su banner pubblicitari, scarpe, vetrine (loghi, loghi, loghi . . .) il tutto non ti muove, non ti parla e tu sei vittima di un mondo che non entra in connessione con te. La fase più critica è la realizzazione che anche il nostro corpo è portatore di questi motivi, abbiamo venduto i nostri “flesh-pixels”. Il branding tuttavia è un mezzo, un veicolo e sta a noi adattarlo allo scambio di “puntualità”.


Mi sono a lungo interrogato su come poter conciliare questi due lati di me che apparentemente non si toccano. Ero in cerca di una soluzione, di una risposta e molte volte ho dovuto riflettere su quale delle due strade prendere. 

Tuttavia, ritornando sempre allo stesso concetto di “puntualità”, mi sono reso conto come non dovessi cercare una risposta o un modo per fare interagire attivamente queste due parti, dovevo solo essere. 

Nella mia “puntualità” risiedono entrambe connesse a tutto il resto, si influenzano e si parlano senza che io lo sappia. Il mio consiglio è infatti quello di esprimere tutti i lati di se, senza compromessi, solo così si riuscirà ad avvicinarsi a quel movimento intrinseco che abbiamo. 

Senza saperlo posso aver affrontato esercizi o esami di ingegneria aerospaziale in modo creativo e non convenzionale proprio perché ho dato spazio a quell’altra “faccia” della medaglia e così il contrario. Non bisogna dare o autoimporsi dei “Labels” bisogna solo essere, ma esserlo fino in fondo, ogni passione, ogni pensiero, ogni movimento va perseguito. 


Data la mia definizione di ARTe, l’artista è colui che è bravo nel creare “cose” che mettono in comunicazione “puntualità” (gli “strumenti”). E’ come se fosse un bravo costruttore di telefoni. 

Non vedo nel termine Artista una vera e propria etichetta. Tutti siamo artisti a nostro modo, credo che nella quotidianità ci sarà capitato di generare quel movimento di cui abbiamo parlato.

La differenza tra un Artista, che vive di arte, e quello che invece non vive di questo è la qualità e la sensibilità nel creare “strumenti” precisi, accordati e chiari. Essendo essere umani siamo tutti benedetti dal dono della creatività tuttavia alcuni hanno “antenne” più affini a convertire gli stimoli esterni e universali in veri e propri mezzi di comunicazione metafisici. 

Mi definisco artista? la risposta non dovrebbe essere definirsi o non definirsi tale. Definire qualcosa implica etichettare e dare dei confini a qualcosa. No, non mi ci definisco. Lo sono nel momento in cui riesco a creare un buon “telefono”, riconosco tuttavia che ho bisogno di molto più lavoro per cercare di affinare la mia sensibilità. L’Artista è un semplice costruttore di “strumenti”, sono le “Puntualità” a suonarli, l’ego è quindi completamente escluso dal processo creativo. 


Nulla, le domande che mi avete fatto sono bastate per generare questa risposta che è andata oltre ai 5 punti. In questo caso, per esempio, siete stati artisti. 


Sono una Persona che sta cercando ogni giorno di avvicinarsi alla più autentica e pura espressione di se stessa, con l’obbiettivo di comunicare e ispirare. Voglio rimanere semplice e autentico, vivendo la quotidianità come se fossi un “kiddo”, bambino che rappresenta la nostra versione più pura.